Per un normale osservatore, lo stato del PD provinciale è plasticamente rappresentato dalla contrapposizione frontale fra due opposte fazioni che si sono alternate nella gestione del potere, mantenendo però inalterato il filo rosso che le lega, cioè i metodi e la mentalità.

Tanta tifoseria è scesa in campo e tanto pour parler, in un clima avvelenato che isterilisce sul nascere ogni possibilità di rinascita autentica del partito. Niente temi, proposte, progetti in questo scontro tutto personale al vertice del partito, in cui irrilevante continua ad essere il ruolo degli iscritti. Se l’astensione cresce e i tesserati calano, se si tocca con mano lo scollamento fra i notabili del partito e la sua base, non ci si deve preoccupare: a tutto questo, al momento giusto, si rimedia con alleanze il più larghe possibili, purché, alla fine, la somma dei numeri torni. Ma così il partito si vende l’anima!

 

Quando, insieme ad alcuni amici, nel 2007, decisi di iscrivermi per la prima volta ad un partito, scelsi il nascente PD con l’obiettivo di contribuire a costruire a Nardò un partito inclusivo, partecipato e plurale, capace di progettare e di incidere positivamente nella propria comunità. Per accorgermi poi, in questi anni, che il partito ha continuato a restare un circuito chiuso, refrattario a quel “entrate e cambiateci” di berlingueriana memoria, perché a prevalere è sempre il riflesso condizionato della garanzia degli apparati di turno. Si continua a richiedere agli iscritti fedeltà, assertività, appartenenza a qualcuno, al posto di lealtà, argomentazioni e proposte. Nei fatti si rende sempre più sterile e vuota la vita di sezione, ormai scarsamente partecipata.

E’ emblematico quanto accaduto a Nardo, che è la mia città, nell’ultimo congresso cittadino dell’1 e 2 marzo di quest’anno. Preceduto da una campagna tesseramento che non ha badato a spese (oltre 700 iscritti a fronte dei circa 150 dell’anno precedente), ha visto il Sindaco Risi impegnato in prima linea in questa campagna. Eppure, nonostante pacchetti di tessere così consistenti, il primo giorno del congresso, con un atto di plateale prevaricazione e in disprezzo delle regole, viene annullata la votazione già indetta per il giorno successivo e si consente di procedere, seduta stante, all’elezione di segretario e coordinamento per alzata di mano dei presenti, più o meno 40 a fronte di 700 iscritti.

Se la democrazia, come credo, è partecipazione alle decisioni collettive, annullare d’imperio la partecipazione degli iscritti al voto è, come direbbe Bobbio, una degenerazione della democrazia. Per consentire tutto questo sono calati a Nardò, con una solerzia degna di miglior causa e senza provare vergogna, il segretario provinciale Piconese e il responsabile dei circoli Abaterusso, per “accontentare” il Sindaco Risi nella sua conquista del partito.

Mi chiedo: è’ convenuto tutto questo al PD in termini di credibilità e quindi di consenso? Perché la forza di una proposta politica si costruisce anche sula base della credibilità. Ad un coordinamento e ad un segretario non eletti, ma investiti dall’alto, non si può riconoscere nessuna legittimità e di conseguenza nessuna credibilità. Prove di forza di questo tipo fanno male al partito e tradiscono una visione proprietaria dura a morire. Da questi comportamenti, in ultima analisi, emerge la stessa mentalità e gli stessi metodi del vecchio gruppo dirigente Russo – De Vitis, che tanti danni ha procurato al PD. Sono solo cambiati gli attori.

Un partito che passa sulla testa degli iscritti non è in sintonia col loro sentire. Invano essi hanno atteso il ripristino delle regole democratiche calpestate e la risposta non formale, ma sostanziale, ad un ricorso circostanziato e documentato in merito a questi brutti fatti. E’ dei forti e dei saggi riconoscere i propri errori ed emendarsene, ma questo non sembra appartenere al gruppo dirigente Pd. Allora, perché iscriversi ancora ad un partito così deludente, che continua a dare questa pessima prova di sé? Per quanto mi riguarda, infatti, non ci sono più né le ragioni, né le condizioni per farlo.

Rina Calignano

12.11. 2014

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