(ADK):La Difesa avrebbe dovuto “adottare tutte le opportune cautele” contro il rischio uranio impoverito per i militari italiani in missione all’estero. Una sentenza “storica”, sottolinea Domenico Leggiero, coordinatore dell’Osservatorio Militare, quella della Corte d’Appello di Roma depositata ieri,

che ha respinto in parte il ricorso dei ministeri della Difesa e dell’Economia contro la pronuncia in primo grado sulla causa civile promossa dai genitori e dai parenti di un caporal maggiore dell’Esercito morto per linfoma di Hodgkin nel 2005 dopo aver preso parte tre anni prima ad una missione in Kosovo.

 

La sentenza di primo grado, depositata in cancelleria il 1 dicembre 2009, aveva sottolineato che dagli elementi raccolti “si evince logicamente che il ministero della Difesa era a conoscenza” dell’esistenza di uranio impoverito in Kosovo “o come minimo del serio rischio di un suo utilizzo in quell’area”, aggiungendo che “sussistono tutti i requisiti per configurare una responsabilità del ministero della Difesa ex art. 2043 c.c. per aver colposamente omesso di adottare tutte le opportune cautele atte a tutelare i propri soldati dalle conseguenze dell’utilizzo dell’uranio impoverito”. La Difesa contestava tra l’altro la sentenza impugnata nel punto in cui riconosceva il nesso di causalità tra l’esposizione alle polveri di uranio impoverito e la patologia tumorale.

 

La sentenza della 1° sezione civile della Corte d’Appello di Roma ha ora respinto parzialmente il ricorso dei ministeri, stabilendo tra l’altro che “tenuto al risarcimento del danno iure proprio” in favore dei parenti del militare morto è “solo il ministero della Difesa”. Riformando la sentenza impugnata, la Corte d’Appello ha poi dichiarato il “difetto di giurisdizione dell’autorità giurisdizionale ordinaria in relazione alla domanda risarcitoria” presentata dagli eredi del caporal maggiore. Per il resto il ricorso è stato respinto.

Si tratta di un verdetto “senza equivoci e senza dubbi: il Ministero della Difesa era a conoscenza dei rischi a cui erano sottoposti i militari che hanno operato in territori bombardati con uranio impoverito e non hanno mai informato il personale. Questo -rilevano all’Osservatorio Militare- è quanto emerge dalla prima sentenza di Corte d’appello a cui il Ministero della Difesa si era rivolto per non corrispondere i risarcimenti richiesti dalla famiglia del militare deceduto”.

 

“Con questa sentenza ottenuta dall’Avv. Angelo Fiore Tartaglia, legale dell’Osservatorio Militare”, verrebbe quindi a cadere “ogni dubbio sulla conoscenza dei rischi da parte dei vertici militari e sulla inequivocabile dimostrazione del nesso di causalità tra le patologie tumorali che hanno portato alla morte i nostri militari e l’esposizione di questi su territori bombardati con uranio impoverito”.

 

“Molto incisivo il contenuto della sentenza, che potrebbe finalmente modificare l’approccio del Ministero della Difesa verso una problematica nata in Italia ma che ha fatto discutere il mondo scientifico internazionale. Queste pronunce della magistratura -prosegue Leggiero- oltre a riportare prepotentemente l’argomento all’attenzione pubblica devono portare ad una profonda riflessione e massimo rispetto per tutti quei 314 morti accertati fino ad oggi ed gli oltre 3.600 malati che continuano a vivere il dramma umano e la beffa di essere ignorati dall’Amministrazione della Difesa che continua incessantemente a negare ed opporsi alla verità”.

 

Dopo questa sentenza il Centro Studi dell’Osservatorio, “attraverso le azioni del suo legale, proseguirà nell’opera di tutela e giustizia per le famiglie dei deceduti ed i militari ammalati con la certezza che, prima o poi, non ci saranno morti di serie B ma solo uomini e donne che si sono sacrificati per il loro Paese fino all’estremo sacrificio”.

 

A questo punto, conclude Leggiero, il Governo “ha il dovere di affrontare l’argomento. Aspettiamo una presa di posizione del ministro. Bisogna adottare tutte le misure volte a prevenire ogni pericolo per le migliaia di militari che si trovano attualmente in missione all’estero”.(AdnKronos)

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