Quello del 2015 è un primo Maggio triste. Che cosa vogliamo festeggiare? Gli ultimi dati sull’occupazione segnano una disoccupazione in crescita al 13%: lo 0,2% in più rispetto a febbraio 2015, lo 0,3% in più rispetto a marzo 2014.

Dopo che il Governo ha introdotto gli incentivi all’assunzione (dal 1 gennaio 2015) e del contratto a tutele crescenti (dal 7 marzo 2015) – il saldo dell’occupazione è ancora negativo: dobbiamo prendere atto che le politiche del lavoro del Governo Renzi sembrano ben lontane dal dare i risultati sperati. Il cambio di verso sul mercato del lavoro, tanto decantato dalla propaganda renziana sui mass media, non sembra davvero visibile. Dal nostro punto di vista, pur in presenza di promesse rumorose (prima il Piano Garanzia Giovani e poi il Jobs Act) l’andamento della disoccupazione suona piuttosto come la conferma che l’emergenza lavoro non è gestita in modo efficace. Purtroppo il Governo ha imprigionato il Paese dentro l’illusione che l’occupazione possa essere creata per decreto, illusione resa ancora più grave in considerazione della scarsa aderenza della riforma del lavoro rispetto alle concrete esigenze del mercato e delle persone. Il punto è che il Governo e le sue finte opposizioni non vogliono riconoscere un presupposto fondamentale di ogni economia di mercato: il lavoro non nasce per magia dalle norme ma viene creato dagli imprenditori sulla base delle dinamiche della domanda che, a loro volta, sono alimentate da politiche economiche espansive che incentivino consumi ed investimenti.

L’intera riforma, anzitutto, è rivolta esclusivamente a fare assunzioni con il nuovo contratto incentivato senza curarsi che in realtà produce unicamente la semplice trasformazione di altri contratti nel nuovo strumento, toccando in modo del tutto marginale vastissimi settori della produzione che si misurano, da tempo, con la necessità di riqualificare e rendere più produttive organizzazioni del lavoro certamente preesistenti al 2015. L’ imprenditoria italiana ha un disperato bisogno di essere sostenuta con seri interventi di riduzione del costo del lavoro degli occupati e con misure in grado di incrementare la flessibilità e la produttività del lavoro preesistente. E per queste imprese il Jobs Act non riduce affatto strutturalmente il cuneo fiscale, non incentiva gli accordi di produttività e la contrattazione a livello aziendale, non rende chiare ed esigibili le regole che devono governare le relazioni industriali,non introduce novità significative sul fronte della riforma dell’apprendistato e dei collegamenti tra scuola, università e imprese, e non introduce i necessari e fondamentali correttivi alle procedura di ristrutturazione aziendale. Il tutto è reso ancora più oneroso da un costante ed inesorabile aumento della pressione fiscale e dall’assenza di una rigorosa e oculata revisione della spesa pubblica. In sintesi è un’altra riforma alla Renzi. Invece di una vero ridisegno del mercato del lavoro e di una politica fiscale espansiva che incentivi investimenti, consumi ed occupazione ci troviamo ad assistere semplicemente a colorati fuochi d’artificio: solo tanto rumore !

 

Gregorio Dell’Anna Italia Unica Salento

 

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