Il Sindaco Risi, incalzato dall’attenzione dell’opinione pubblica sul rapporto tra la nostra città, i migranti, gli imprenditori ed i caporali, tenta di mescolare le carte e fare “propaganda!”
In queste ore, infatti, numerosi artisti pugliesi hanno deciso di spendersi per contrastare la piaga del caporalato. E per farlo, da tutta la Puglia, hanno deciso di partire da Nardò, spesso epicentro di tragedie e sfruttamento, come quella che ha portato alla morte del signor Mohamed Abdullah, avvenuta poche settimane fa. O come quella per “cause naturali” del signor Sadok Barhoumi, morto in un cartone, mentre riposava, dopo aver lavorato dalle 5 del mattino alle 18 della sera.
Tragedie non certamente isolate, che riguardano un sistema di sopraffazione che schiaccia i lavoratori più deboli, italiani o immigrati.
Un sistema al quale Nardò, cuore del triangolo d’oro e morte rappresentato anche da Galatina, Copertino, Leverano, Porto Cesareo, Lequile (città che in questi anni hanno girato sempre la testa altrove), non ha saputo/voluto opporsi in maniera adeguata. Tanto che Yvan Sagnet, il coraggioso bracciante “ribelle”, che non si è piegato allo sfruttamento, ha bacchettato la nostra città, per aver speso, solo quest’anno, quasi 300.000 euro per dare una pessima accoglienza ad 80 migranti. Tantissimi soldi. Soprattuto se confrontati con le poche decine di migliaia di euro che spendeva fino a qualche tempo fa e che offrivano una dignitosa accoglienza ad oltre il doppio dei lavoratori.
Io dico grazie ad Yvan Sagnet! Perché questa è anche la dimostrazione che non è Pippi Mellone ad inventare motivi di polemica ma che è la gestione del politico Risi e della coalizione arlecchino che lo sostiene a fare guai!
Di fronte ad un evidente e probabile KO mediatico, il sindaco Risi che fa? Tira fuori dal cilindro il C.A.R.A. (centro accoglienza richiedenti asilo). Una struttura simile a quella di Mineo, resa tristemente famosa in questi giorni da un terribile fatto criminale, ma che nulla c’azzecca con i bisogni di Nardò e dei lavoratori stagionali.
Da quasi vent’anni, infatti, Nardò ha l’esigenza di dare una dignitosa accoglienza ai lavoratori.
Parlare di CARA non solo non risolve il problema, ma porta a Nardò un ulteriore problema di gestione e di costi, per una struttura che dovrebbe funzionare 12 mesi l’anno e che non sembra poter contare su una sostenibilità economica… visto che si parla, perfino, di una struttura sanitaria di supporto (al CARA non ai lavoratori migranti) in una città nella quale, nonostante le mirabolanti promesse, è praticamente chiuso perfino il “nuovo”ospedale di Nardò.
Pippi Mellone
Consigliere comunale
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