BARI 14 MAR:_ “Il Salento olivicolo è ormai al collasso. Qualcuno continua ancora a giocare, soprattutto in Europa, con misure di contenimento che non avranno alcun effetto se non quello di vessare ulteriormente i nostri agricoltori. Il non considerare insediata questa malattia ci farà perdere ulteriore tempo prezioso.“ così il vice presidente della V Commissione Ambiente, Cristian Casili (M5S) che prosegue: “Timidamente assistiamo allo sblocco di una serie di piante fino ad oggi bandite, tra queste la vite il cui ingiustificato blocco ha compromesso un comparto fiorente come quello della produzione delle barbatelle idruntine, andando ad avvantaggiare le imprese del Nord Italia.

I monitoraggi, poi, sono solo un palliativo che non eviteranno nel tempo la progressione a nord della malattia che continua a falcidiare intere zone in provincia di Lecce. Aver abbandonato a se stessa questa provincia è stato l’errore più grande perché la quantità di inoculo è aumentata esponenzialmente, spingendo sempre con più forza i disseccamenti verso le province confinanti di Taranto e Brindisi. Arriveremo troppo tardi a modificare le decisioni che fino ad oggi hanno compromesso interi territori, eppure già nel 2014 avevamo gridato con forza la necessità di adottare strategie di convivenza con una fitopatia così complessa e di difficile eradicazione.

A tal proposito la Regione inspiegabilmente tiene congelate importanti misure finanziarie del PSR e una legge che doveva servire per aprire ad una nuova gestione della batteriosi. Non può essere sufficiente l’indennizzo del 30% sulla produzione lorda vendibile annunciato dal direttore di Dipartimento Agricoltura, Gianluca Nardone. Quello che serve è un vero e proprio piano agricolo dedicato alle province oggi coinvolte.”

Il consigliere pentastellato ricorda come in prima persona avesse richiesto, in fase emendativa della legge sulla Xylella ferma al palo da mesi, di attivare con urgenza una serie di misure economiche del programma di sviluppo rurale, in modo da dare massima priorità alle zone infette che a causa di questa delimitazione si ritrovano in una situazione di immobilità produttiva e ed economica. “Per queste zone – prosegue Casili – l’olivicoltura in questi anni è stato un vero e proprio “ammortizzatore sociale” che ha integrato il reddito di piccoli produttori sostenendo intere famiglie. A questo si aggiunge la perdita di posti di lavoro nel comparto della trasformazione olearia, del vivaismo, dei produttori di barbatelle e di tutto l’indotto che ruota intorno a questi settori.

Una crisi epocale che presto sfocerà in problemi sociali se non si mette subito mano ad una seria programmazione agricola che dia un futuro a questi territori. È bene lasciare da parte le polemiche del passato – conclude – ed essere tutti uniti per tracciare nuovi scenari a cui siamo chiamati e da cui dipende non solo la nostra agricoltura ma anche il nostro paesaggio.”