Continua a destare grande preoccupazione la superficialità con cui questa amministrazione annaspa rispetto all’organizzazione di un sistema comunale di protezione civile. Nessun provvedimento serio è stato adottato ad una anno dalla radiazione di alcune associazioni.  L’intervento della protezione civile, puntuale negli anni scorsi in queste condizioni, non si è verificato, in ben due occasioni (il 27 settembre scorso, con allagamenti e disagi, e nello scorso gennaio con l’emergenza neve).

Per fortuna, almeno questa volta, non è accaduto nulla di grave. Ma la rete di sicurezza ha mostrato le sue falle. La convenzione stipulata dall’amministrazione comunale con un gruppo di Galatina stabilisce che il comune “può stipulare convenzione con l’organizzazione di Volontariato di protezione civile esistenti sul territorio del comune di Nardò”!! Non solo. La convenzione non prevede nemmeno l’intervento durante le emergenze. Quel che sgomenta riguarda i servizi proposti in delibera tra i quali spicca ”l’ausilio alla viabilità e supporto alla Polizia Locale, e ausilio in occasione di eventi e manifestazioni sempre a supporto della locale Polizia Municipale”. Vorremmo ricordare, a tal proposito, l’articolo 12 del Codice che individua tassativamente i soggetti ai quali spetta, ad esempio, la predisposizione e l’esecuzione dei servizi diretti a regolare il traffico. Ed in cui non figurano le organizzazioni di volontariato di protezione civile. Della faccenda informeremo la dirigenza regionale di protezione civile, nella persona dell’ing. Di Lauro che è già intervenuta sulla questione. Noi, onestamente, facciamo fatica a comprendere, davvero, come mai nella città più popolosa della provincia, subito dopo il capoluogo, questa amministrazione non sia stata capace di individuare un adeguato patrimonio di competenze e uomini da valorizzare. Eppure Nardò è ricca di associazioni che nobilitano con la loro azione incessante lo spirito più autentico del volontariato.  Il ricorso ad associazioni che non sono di questa città è inoltre, almeno in questo specifico caso, sbagliato per tre ragioni molto semplici. Una è di ordine pratico e di buon senso: anche supponendo che si debba affrontare un’emergenza, in che modo, chi dista venti km e più, potrebbe far fronte rapidamente ad eventuali e a volte gravi calamità? La seconda appare quasi banale: solo chi conosce “palmo a palmo” il territorio è in grado di poterlo efficacemente salvaguardare. Terza ragione, ma non certo ultima per importanza: la forza del volontariato discende innanzitutto dal senso di appartenenza alla propria comunità. Un senso di appartenenza, quello degli uomini della protezione civile “che diventa ricchezza grazie alla leale collaborazione e al senso delle istituzioni”, e che ad oggi appare “solo” mestamente tradito. Noi non vorremmo che tutto questo attivismo del nostro sindaco nei comuni limitrofi nascondesse solo un suo malcelato quanto velleitario desiderio di andare ad attingere consenso oltre i confini locali. Che forse già prefigura per se stesso, un palcoscenico regionale o addirittura nazionale.

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