(AGI) – Firenze, 26 ott. (Dall’inviato Barbara Tedaldi) – “Il posto fisso non esiste piu'”. Matteo Renzi ci mette tutta l’irruenza di chi spiega che ‘il re e’ nudo’ per avviare un “cambiamento” profondo della sinistra, che travolga Pd, intellettuali e Cgil.
Il posto di lavoro fisso non c’e’ piu’, la fabbrica fordista e’ morta, basta con le coperte di Linus, basta con la vecchia Europa rigorista, basta con una classe dirigente che, a partire dal sindacato passando per mezzo Pd, e’ “condannata alla sconfitta”.
Il Pd, la sinistra, il partito della nazione sono qui, sembra dire il premier. Sono alla Leopolda per cambiare l’Italia, per sconfiggere i “gufi”, per sovvertire i cliche’ sul Belpaese.
Ernesto Carbone sintetizza: “alla Leopolda c’e’ stata una rivoluzione culturale”. Il deputato Pd la butta giu’ con enfasi magari, ma quel che il segretario-premier sta cercando di fare e’ proprio quello.
“Non c’e’ niente da fare, quando gli si alza la palla lui schiaccia” spiega chi gli e’ stato vicino in questi giorni. E allora, il giorno dopo piazza San Giovanni, via con fendenti a destra e a manca. Contro l’Europa che, nel giorno degli stress test e mentre prosegue la trattativa sulla legge di stabilita’ viene richiamata a non essere solo percentuali, perche’ “non si puo’ impiccare un paese allo zero virgola”. Contro Angela Merkel che deve rispettare, insieme agli altri leader, il nostro Paese e che ha preso meno voti di Renzi. Contro l’intellighenzia italiana , quel “ceto illuminato intellettuale” che sembra un consesso di pensionati raccolti ai bordi di un cantiere a scuotere la testa per dire “non ce la potete fare. Se non ci siamo riusciti noi, figurati se ce la fate voi'”.
Contro la vecchia guardia democrat che puo’ ‘stare serena’: “non vi permetteremo di riprendervi il Pd per farne un partito di reduci, per riportarlo dal 40 al 25%”. Poi Renzi spiega alla piazza di ieri, alle tante piazze, ai tanti giovani, ai lavoratori, che “il posto fisso non c’e’ piu'”. “E non perche’ lo abbiamo deciso noi ma perche’ il mondo cambia a tutta velocita’” chiarisce il premier rispondendo alle proteste di ieri e dei giorni scorsi, mettendo gia’ in conto quelle che verranno. Ma la sinistra del 2014, la sinistra del “futuro”, quella che il Pd vuole incarnare, “se la fabbrica fordista e’ finita in tutto il mondo non fa un dibattito ideologico sulla coperta di Linus” ma “crea le condizioni perche’ di chi perde il lavoro si prenda cura lo Stato”.
L’invito di Renzi sul lungo periodo e’ dunque a cambiare prospettiva e ad accettare con una nuova mentalita’ il nuovo mercato del lavoro. Sul breve periodo e’ a leggere tutto il jobs act, vedendo anche gli interventi sul contratto a tutele crescenti, sulla maternita’ per le precarie, sul trattamento di disoccupazione, sul centro nazionale di occupazione. “Qui oggi c’e’ gente molto diversa dagli altri anni” spiega Federico Gelli, veterano della Leopolda, “ci sono piu’ tipi di persone, piu’ categorie”, un nucleo di quel partito della nazione a cui pensa Renzi. Per il quale il partito del lavoro di stampo socialdemocratico e’ superato perche’ nella realta’ di tutti i giorni ci sono ‘i lavori’, tutti diversi, con diversi contratti e diverse tutele.
La minoranza Pd, ribadisce, si puo’ mettere l’anima in pace dopo essere stata in Parlamento per tanti anni. Certo non puo’ pensare di riprendersi il Pd, ne’ puo’ pensare che Renzi si spaventi per una eventuale scissione: “non ho paura di un’altra sinistra”. “E perche’ dovrebbe?” Si chiede un renziano dalla platea, “se anche fanno un partitino e superano la soglia, dopo le elezioni o vengono con noi, o spariscono”. Ma le elezioni non sembrano nel radar del premier. Galvanizzato dalla Leopolda e dalla trattativa in Europa andata tutto sommato bene, intende giocarsela tutta: “confermo l’orizzonte del 2018”. Certo ci sono le riforme, c’e’ la legge di stabilita’ da far approvare e il jobs act da far passare alla Camera. “Ogni giorno e’ una fatica” si sfoga un componente della segreteria. “Ma alla fin fine, se si andasse a votare con il Consultellum non avremmo certo 340 deputati” ragiona un suo collega. L’arma delle elezioni, da usare come minaccia verso chi sa che non tornera’ piu’ a Roma, c’e’ sempre; ma per ora e’ solo un’arma puntata.
La “voglia di cambiare tutto”, per adesso, e’ ancora piu’ forte.