(AGI) – Cassano Jonio, 21 giu. – Mai un Papa era stato cosi’ esplicito nella condanna della criminalita’ organizzata fino a dichiarare pubblicamente “scomunicati tutti i mafiosi”. “Quando non si adora il Signore si diventa adoratori del male, come lo sono coloro i quali vivono di malaffare e di violenza e la vostra terra, tanto bella, conosce i segni e le conseguenze di questo peccato. La ‘ndrangheta e’ questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune”, ha detto Francesco a braccio interrompendo l’omelia che stava leggendo sulla piana di Sibari davanti a 250 mila fedeli, per poi aggiungere in un crescendo drammatico: “coloro che nella loro vita hanno questa strada di male, i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati”.

“Questo male – ha scandito – va combattuto, va allontanato. Bisogna dirgli di no. La Chiesa, che so tanto impegnata nell’educare le coscienze, deve sempre di piu’ spendersi perche’ il bene possa prevalere. Ce lo chiedono i nostri ragazzi. Ce lo domandano i nostri giovani, bisognosi di speranza. Per poter rispondere a queste esigenze, la fede ci puo’ aiutare”. – Senza pero’ parlare esplicitamente di scomunica come questa sera, lo scorso 21 marzo, in occasione del suo incontro con le vittime, nella chiesa romana di San Gregorio VII, Francesco aveva gia’ lanciato un accorato appello ai mafiosi, che dopo la dichiarazione di scomunica di oggi puo’ essere letto come l’avvertimento finale: “Convertitevi c’e’ tempo per non finire nell’inferno, che e’ quello che vi aspetta se non cambiate strada”, erano state le dure parole rivolte al termine della veglia di preghiera “ai grandi assenti, ma protagonisti: uomini e donne di mafia”. “Per favore cambiate vita! Convertitevi, fermate di fare il male! Noi preghiamo per voi: convertitevi ve lo chiedo in ginocchio e’ per il vostro bene”.

Con parole simili ma con un tono molto piu’ drammatico, aveva chiesto la conversione dei mafiosi anche San Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi: “Nel nome di questo Cristo crocifisso e risorto, di questo Cristo che e’ vita, via, verita’ e vita, lo dico – aveva detto – ai responsabili: convertitevi! Una volta, un giorno, verra’ il giudizio di Dio!”. “Dio ha detto una volta: non uccidere!”. “Non puo’ l’uomo, qualsiasi uomo, qualsiasi umana agglomerazione? mafia, non puo’ cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio!”, aveva detto.

La quarta tappa del pellegrinaggio di Francesco nell’Italia sofferente (dopo Lampedusa, Cagliari e l’incontro con i poveri ad Assisi) e’ iniziata con un incontro molto commovente con il papa’ e le nonne di Coco’ Campolongo nel carcere di Castrovillari. “Mai piu’ vittime della ‘ndrangheta. Non deve mai succedere una cosa del genere nella societa'”, sono state le parole di Bergoglio ai parenti di quel bambino innocente, riferite da monsignor Nunzio Galantino al termine della visita di Papa Francesco nel carcere di Castrovillari.

 

“E’ stato un momento molto intenso: le donne hanno pianto e c’e’ stata una commozione generale. Il Papa – ha rivelato Galantino – ha pregato molto e sta pregando per Coco’ e per tutti i bambini vittime di questa sofferenza”. Papa Francesco non ha mancato nemmeno, incontrando i 180 reclusi, di pronunciare parole di incoraggiamento sottolineando che troppo spesso “l’esecuzione della pena degrada a uno strumento di sola punizione e ritorsione sociale, a sua volta dannoso per l’individuo e per la societa'”. Per il Papa e’ centrale “il tema del rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e l’esigenza di corrispondenti condizioni di espiazione della pena”.

 

“Questo aspetto della politica penitenziaria – ha aggiunto – e’ certamente essenziale e l’attenzione in proposito deve rimanere sempre alta. Ma tale prospettiva non e’ ancora sufficiente, se non e’ accompagnata e completata da un impegno concreto delle istituzioni in vista di un effettivo reinserimento nella societa'”. Parole forti il Papa le ha rivolte anche ai malati gravissimi dell’Hospice Giuseppe Moscati, visitato a Cassano Jonio: “Tutto quello che le mani possono fare e’ accarezzare. La malattia e’ brutta, ma le mani sono onnipotenti. La carezza delle mani di Dio arrivano nel profondo dell’anima”.

 

“Incoraggio tutti a testimoniare la solidarieta’ concreta con i fratelli, specialmente quelli che hanno piu’ bisogno di giustizia, di speranza, di tenerezza”, e’ stato infine il messaggio della sua omelia sulla piana di Sibari. “Grazie a Dio ci sono tanti segni di speranza nelle vostre famiglie, nelle parrocchie, nelle associazioni, nei movimenti ecclesiali”, ha detto il Pontefice salutando “pastori e fedeli della Chiesa in Calabria, impegnata coraggiosamente nell’evangelizzazione e nel favorire stili di vita e iniziative che pongano al centro le necessita’ dei poveri e degli ultimi”.

 

Il Papa ha rivolto le sue parole di incoraggiamento “anche alle autorita’ civili che cercano di vivere l’impegno politico e amministrativo per quello che e’, un servizio al bene comune”. “Il Signore Gesu’ non cessa di suscitare gesti di carita’ nel suo popolo in cammino!”, ha continuato Francesco indicando come “un segno concreto di speranza” l’iniziativa Cei-Caritas del Progetto Policoro, “per i giovani – ha detto – che vogliono mettersi in gioco e creare possibilita’ lavorative per se’ e per gli altri”. “Voi, cari giovani -ha continuato – non lasciatevi rubare la speranza! Adorando Gesu’ nei vostri cuori e rimanendo uniti a Lui saprete opporvi al male, alle ingiustizie, alla violenza con la forza del bene, del vero e del bello”.

 

“Cari fratelli e sorelle, l’Eucaristia – ha quindi concluso il Papa – ci ha raccolti insieme. Il Corpo del Signore fa di noi una cosa sola, una sola famiglia, il Popolo di Dio riunito attorno a Gesu’, Pane di vita. Quello che ho detto ai giovani lo dico a tutti: se adorerete Cristo e camminerete dietro a Lui e con Lui, la vostra Chiesa diocesana e le vostre parrocchie cresceranno nella fede e nella carita’, nella gioia di evangelizzare. Sarete una Chiesa nella quale padri, madri, sacerdoti, religiosi, catechisti, bambini, anziani, giovani camminano l’uno accanto all’altro, si sostengono, si aiutano, si amano come fratelli, specialmente nei momenti di difficolta'”.

 

Un gesto da ricordare, infine, Papa Francesco lo ha compiuti lungo il tragitto in auto da Cassano Jonio verso Marina di Sibari, quando ha compiuto una sosta davanti alla chiesa parrocchiale San Giuseppe, nella frazione Lattughelle, dove il 3 marzo scorso e’ stato assassinato padre Lazzaro Longobardi: Francesco e il vescovo Nunzio Galantino sono entrati in chiesa da soli per pregare.”La sosta del Papa a San Giuseppe – afferma don Francesco Faillace, che attualmente guida la comunita’ ecclesiale – e’ un segno significativo: ci insegna a non aver paura di donare la vita, ma ci chiama anche a saper costruire gesti di gioia su quelle esperienze negative che lasciano ferite, come e’ stata per noi l’uccisione di padre Lazzaro”.

 

All’indomani dell’omicidio, il sacerdote fu anche calunniato dai media che alla ricerca di un movente ipotizzarono scenari inesistenti. Lo stesso monsignor Nunzio Galantino, vescovo di Cassano e segretario della Conferenza Episcopale Italiana, e’ intervenuto in proposito: “padre Lazzaro – sono state le parole del segretario della Cei – ha pagato con la vita la sua coerenza e l’amore per gli ultimi”. Dalle indagini infatti viene fuori che l’omicidio a sprangate e’ stato possibile perche’ la vittima si fidava del giovane. E risulta che una svolta alle attivita’ investigative e’ stata impressa dalla collaborazione di un altro giovane migrante, uno dei tantissimi che padre Lazzaro aveva sostenuto nel loro percorso di inserimento.

 

“Quanto va emergendo dall’inchiesta in corso – ha assicurato il presule – ci restituisce di padre Lazzaro l’immagine di un cristiano riservato ma tutto d’un pezzo, di quelli dei quali hanno necessita’ una societa’ senza piu’ punti di riferimento e una Chiesa bisognosa, in alcune sue componenti, di osare di piu’ per il Vangelo. Il nostro confratello s’e’ speso senza riserve per gli ultimi e da uno di loro sarebbe stato ucciso, ma nel suo sangue cresce gia’ la speranza del cambiamento”.

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